Il senso di una fine (Julian Barnes, 2011)

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Uno

Ricordo, in ordine sparso:

  • un lucido interno polso;
  • vapore che sale da un lavello umido dove qualcuno ha gettato ridendo una padella rovente;
  • fiotti di sperma che girano dentro uno scarico prima di farsi inghiottire per l’intera altezza di un edificio;
  • un fiume che sfida ogni legge di natura, risalendo la corrente, rovistato onda per onda dalla luce di una decina di torce elettriche;
  • un altro fiume, ampio e grigio, la cui direzione di flusso è resa ingannevole da un vento teso che ne arruffa la superficie;
  • una vasca da bagno piena d’acqua ormai fredda da un pezzo, dietro una porta chiusa.

L’ultima immagine non l’ho propriamente vista, ma quel che si finisce di ricordare non sempre corrisponde a ciò di cui siamo stati testimoni.
(Einaudi, 2011, traduzione di Susanna Basso)

[The Sense of an Ending

One

I remember, in no particular order:

  • a shiny inner wrist;
  • steam rising from a wet sink as a hot frying pan is laughingly tossed into it;
  • gouts of sperm circling a plughole, before being sluiced down the full length of a tall house;
  • a river rushing nonsensically upstream, its wave and wash lit by half a dozen chasing torchbeams;
  • another river, broad and grey, the direction of its flow disguised by a stiff wind exciting the surface;
  • bathwater long gone cold behind a locked door.

This last isn’t something I actually saw, but what you end up remembering isn’t always the same as what you have witnessed.]

Una vera e propria lista con tanto di trattino occupa (quasi) l’intero primo paragrafo. L’elenco è retto e motivato dal verbo che apre il libro – “ (io) ricordo”. La posizione forte di questo verbo al presente è amplificata dal suo stare per un momento da solo – i contenuti del ricordare sono infatti spostati di una riga, nell’elenco appunto. Un io che ricorda, nel presente della narrazione, dunque, subito al centro, per intonare – forse – tutto quello che segue. Facendoci aiutare dal titolo potremmo immediatamente tentare un’ipotesi: potrebbe trattarsi di un libro guidato dal ricordo di un protagonista che giunto alla fine guarda indietro per dare senso alla sua vita. I ricordi che emergono sono sì in ordine sparso – ma sono pur sempre prima di tutti gli altri che possiamo presupporre occuperanno le pagine che seguono. Possiamo ipotizzare, quindi, che essi rappresentino dei fermo-immagine di eventi intorno ai quali si snoderà l’esercizio di memoria alla ricerca di un senso che ci aspettiamo seguirà. Non sappiamo ancora se nel proseguo verrà mantenuto “l’ordine sparso” o se la ricostruzione prenderà un taglio cronologico. Non sappiamo neanche (ma siamo forse disposti a scommetterci) se tutte le scene o immagini evocate saranno illuminate e collocate in un contesto. Per il momento possiamo dire che tranne il primo, decisamente criptico (“un lucido interno polso” fa pensare, per contrasto, a polsi non lucidi, quelli degli internati o quelli di coloro che hanno tentato di togliersi la vita tagliandoseli), tutti gli altri hanno a che fare con l’acqua: con un po‘ di fantasia possiamo noi stessi costruire delle storie intorno ad ognuno o per lo meno immaginare una tonalità: una scena familiare leggera, l’evocazione simbolica della vita potenziale che si perde, un dramma che ha attivato una comunità, la natura sfuggente ed enigmatica, un momento di rilassamento precluso e perduto. O molte altre a seconda di quanto ognuno di noi si lasci trasportare dall’evocazione. Perchè (quasi) tutte hanno a che fare con l’acqua – simbolo archetipo di vita, del femminile, del pre-razionale? Difficile dire a questo punto. Come pure è forse azzardato (ma plausibile) scommettere sul genere dell’io: propenderei per il maschile, senz’altro influenzata dall’autore del libro, ma anche perchè mi risulta difficile associare il ricordo dei fiotti di sperma nello scarico ad una donna (ma forse ho solo poca fantasia).

L’elenco si chiude con una importante precisazione che riguarda il rapporto tra vedere e ricordare: non tutto ciò che vediamo diventa ricordo e viceversa. In maniera velata, il narratore ci dice che un (non-ancora) esplicitato criterio di selezione guiderà il ricordare e che il ricordare potrà anche avere a che fare con “materiale” non visto in prima persona: se si tratterà di materiale immaginato, intuito, presupposto, vedremo. Siamo stati avvisati che la componente soggettiva avrà un certo peso – come in tutte le ricostruzioni, d’altra parte.

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